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Scuola di periferia: storie, progetti, realtà

Pubblicato il: 29/03/2012 18:03:26 -


Fare scuola è diventata una esperienza comune, un percorso in cui la didattica ha modellato e ampliato i suoi strumenti di indagine senza ignorare gli obiettivi curriculari delle varie discipline che hanno trovato ampio respiro nello sviluppo delle attività progettuali programmate. Una esperienza presentata al 2° convegno di Education 2.0.
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Penso che l’innovazione didattica non sia un percorso virtuale, una mera acquisizione di tecniche per la rappresentazione della realtà che spesso risulta sconosciuta agli alunni. Le conoscenze procedono per gradi e si inseriscono sempre in un contesto ambientale, storico, territoriale in cui reperire gli strumenti per sviluppare e coltivare i personali interessi. L’istituzione scolastica ha il compito di offrire quei percorsi didattici che possano rispondere alle esigenze della scuola media di primo grado che è essenzialmente orientativa e formativa. La sperimentazione è anche vedere con occhi nuovi ciò che è ogni giorno sotto i nostri occhi, cogliere gli aspetti essenziali e significativi in un contesto di relazioni che non si esauriscono tra insegnanti e alunni. Le competenze rappresentano un contenuto di valore calato in un contesto fisico da cui trarre gli stimoli per coniugare il passato al presente, le storie quotidiane che hanno fatto la Storia della collettività.

Il titolo del Convegno (“Competenze e ambienti di apprendimento”) mi ha fatto pensare nell’immediato al trait d’union che lega la persona al suo ambiente e in generale al contesto sociale in cui essa cresce e sviluppa la sua personale storia. Ci sono periferie che hanno vissuto e vivono profonde trasformazioni, nel tessuto sociale, urbanistico e territoriale. I due poli di aggregazione che sono sempre stati i punti di riferimento sono la scuola e la parrocchia dove le relazioni sociali consentono a tutte le età di vivere il quotidiano: l’oratorio con le attività sportive, le lezioni e manifestazioni scolastiche che avvicinano i ragazzi e le famiglie al corpo docente.

Oggi accanto alle “case basse” c’è un nuovo quartiere con il centro commerciale e i servizi annessi; l’impronta della modernità dimostra un volto nuovo ma anche contrastante con gli aspetti umili e dimessi delle costruzioni delle famiglie che si sono insediate inizialmente nel territorio. L’innovazione scolastica più importante e incisiva delle scuole di periferia è senza dubbio il percorso progettuale che rivaluta e mette in risalto il legame tra l’istituzione scolastica e gli enti locali. Per enti locali intendo le varie associazioni di volontariato (scout, volontari donazione sangue, Caritas), o quelle di interesse ambientale e storico che hanno come scopo quello di far conoscere le riserve naturalistiche, le origini e la storia della città di Roma che ha lasciato tracce importanti in tutto il territorio. Il centro di educazione ambientale (C.E.A.) propone ogni anno percorsi didattici diversi e ben organizzati.

All’inizio dell’a.s. abbiamo attraversato il Tevere, da Roma a Ostia Antica ripercorrendo la storia delle attività commerciali della città ma anche osservando il paesaggio molto caratteristico: piante e animali che vivono sul fiume e (nonostante l’inquinamento ambientale da non sottovalutare) continuano ad avere un buon livello di biodiversità che consente ancora una adeguata integrazione tra le specie viventi nel territorio. Il percorso didattico è stato ampliato in classe con attività di laboratorio sull’acqua: osservazioni al microscopio di animali e vegetali invisibili a occhio nudo, un mondo pieno di vita che ha stimolato i ragazzi all’osservazione attenta e alla comprensione dei meccanismi che regolano la vita.

La storia della bonifica del litorale romano ha consentito uno studio approfondito sulle zone malariche del territorio e proprio in questo contesto sono emersi all’attenzione personaggi come G. B. Grassi biologo e ricercatore che per primo scoprì il meccanismo di trasmissione della malaria. La migrazione dei Romagnoli nel territorio ostiense ha determinato la “colonizzazione” delle aree malsane e paludose che pian piano sono state bonificate ad opera di braccianti e agricoltori che si sono stabiliti sul posto creando famiglia.

I canali tematici delle Educazioni si sono rivelati molto utili per sviluppare itinerari progettuali come l’educazione alla salute, alla solidarietà e alla convivenza civile. A tale proposito sono intervenuti in classe i medici scolastici per lezioni mirate di primo soccorso, educazione alimentare e sessuale. Da rilevare (per la visibilità che il progetto ha avuto nel corso degli anni) è il progetto “Sapere i sapori” finanziato dalla regione Lazio.

Mentre negli anni precedenti i ragazzi hanno visitato le fattorie e hanno sperimentato sul campo come si vendemmia o si fa il pane, in questo anno scolastico è stato proposto l’argomento relativo alla scienza erboristica. Con le attività laboratoriali gli alunni hanno imparato a conoscere le erbe e i loro principi essenziali, a preparar tisane e creme per la cura alternativa alla medicina ufficiale. La scuola ha cambiato il suo nome diventando nell’anno scolastico 2005/2006 “Istituto Comprensivo Giovanni Paolo II” ma come non restare legati al nome precedente (S. Francesco) che ha rappresentato, in pendant con la chiesa intitolata al santo un binomio di semplicità, lavoro umile e tradizioni da ricordare sempre con un misto di nostalgia e rispetto per i valori a cui il nucleo familiare improntava la sua semplice vita. L’opera e il carisma del papa Giovanni Paolo II sono stati i fili conduttori di molte attività scolastiche rivolte al sociale e i rappresentanti del volontariato sono intervenute per sensibilizzare gli alunni ai valori della solidarietà verso il prossimo, bambini, anziani e persone bisognose di aiuto. I percorsi didattici storici con le relative visite guidate, le attività del laboratorio artistico e quelle di educazione motoria e musicale hanno fatto registrare una fattiva collaborazione da parte degli alunni e i risultati (premiazioni a vari concorsi) molto buoni hanno conferito all’istituzione scolastica una riconosciuta visibilità sul territorio. Più che un elenco nominativo delle attività svolte mi interessava sottolineare come nel corso degli anni la scuola è cresciuta e ha intrecciato con gli enti locali quelle relazioni che aprono le porte al cambiamento, una trasformazione che contribuisce a fare della cultura uno strumento di riflessione e di condivisione delle problematiche sociali più varie. In questa direzione si sono rivolti gli sforzi di tutti gli operatori scolastici, l’interesse e l’impegno degli alunni, il sostegno dei genitori.

Fare scuola è diventata una esperienza comune, un percorso in cui la didattica ha modellato e ampliato i suoi strumenti di indagine senza ignorare gli obiettivi curriculari delle varie discipline che hanno trovato ampio respiro nello sviluppo delle attività progettuali programmate. Credo che le conoscenze, le abilità e le competenze debbano essere sempre messe in campo per sviluppare il senso critico, l’autonomia personale, il riconoscimento delle proprie potenzialità e dei propri limiti. Lavorare sul territorio e con il territorio significa raccontare e far rivivere il passato, comprendere il presente, progettare il futuro in cui i giovani adolescenti, si spera, riusciranno ad amare e ad apprezzare gli strumenti culturali che l’insegnamento ha cercato di fornire e che sono alla base di ogni conoscenza. La scuola di periferia ha visto crescere insieme, alunni e insegnanti, le storie personali si sono amalgamate e integrate e hanno trovato nel bacino di utenza del territorio un serbatoio di opportunità e progettualità che nel tempo potranno arricchire le finalità educative, i metodi, i contenuti della didattica. In questa ottica di rinnovamento l’orientamento e la formazione saranno i parametri di riferimento per una valutazione oggettiva del percorso didattico di ogni alunno al fine di rilevare quello che è il compito precipuo del processo educativo: attitudini, interessi, potenzialità, risorse che non sono solo un patrimonio individuale ma dell’intera collettività scolastica, della rete di relazioni sociali in cui i progetti acquistano il significato di valore.

Laura Alberico

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